Io non lo so se proprio tutto inizia con una domanda.
Quello che so è che se ieri ho patecipato ad una singolare conferenza/aperitivo, lo devo ad una domanda, che poi era nient'altro che questa: "Ci posso imparare qualcosa?".
Bene, alla fine della serata, le domande che mi rimbalzavano in testa erano due...
Una ha trovato subito risposta: "Che ci faccio con 6 bottiglie d'acqua in mano???" "Te le porti a casa."
L'altra no.
Facciamo un passo indietro. Ho il sospetto che almeno una risposta si possa trovare.
Dunque, il tema della serata non è ciò che mi ha colpito di più. Sono altre le cose che ho notato.
Quali? Ma naturalmente quelle che hanno suscitato la seconda domanda.
Andando con ordine: prima dell'inizio, parlando con un ragazzo che si occupa di comunicazione web, noto che a più riprese lamenta che le aziende "dovrebbero" imparare a comunicare meglio. E intanto parla con un tono monocorde e concitato, più che un dialogo sembra uno sfogo. Presto perdo interesse per le sue parole e sposto l'attenzione sul linguaggio del corpo. Sorpresa! Sta facendo tutto il possibile per imitarmi! Mi ricalca!
Professionista della comunicazione? Pazienza e andiamo avanti.
Finalmente comincia a parlare il relatore.
E fa il festival del segnale di scarico di tensione. 5 minuti dopo, chissà perchè, la mia sedia è la più scomoda dell'universo!
Ascoltarlo è difficile, ma possibile, quindi gli dedico la massima attenzione. Fra le tante noto una frase, più o meno così: "Se solo le aziende capissero l'importanza di una buona comunicazione! Ma..."
La conferenza si conclude al momento giusto, cioè proprio un attimo prima che la voglia di aperitivo spinga i partecipanti ad abbandonare il relatore a se stesso. Giunge il momento di socializzare.
E qui imbrocco una cxxxxta da cui imparare. Mentre una persona mi sta parlando, gentilmente la interrompo per andare a riempirmi il bicchiere. Torno ed è sparita, ovviamente.
Stefano, prometti di migliorare le tue capacità di ascolto, d'accordo?
Ora, mentre torno nella mischia, un altro ragazzo si lamenta perchè non capisce come mai non trova partner per il suo progetto, non riesce a coinvolgere altre persone, non riesce a farne capire i vantaggi.
Più ne parla, più si agita. Ci tiene, è evidente e poi si occupa di comunicazione, insomma... ne sa.
Buona fortuna.
Ormai la seconda domanda rimbomba forte in quella spaziosa caverna che ho per cranio, ma non è tutto.
Un altro ha da lamentarsi, non sa come fare a gestire un certo dipendente. Non riesce a capire come motivarlo a lavorare. In sostanza, non riesce a comunicare con questa persona. E lavora nel campo della comunicazione.
Ora la seconda domanda è più chiara che mai: "Che comunicatori sono questi professionisti?".
Finalmente ne sono sicuro, almeno una risposta a questa domanda c'è.
Fine del primo, lungo, lunghissimo post. Originato da una domanda.
Ciao!
Stefano
Ciao Stefano, complimenti per il tuo blog! Bel soggetto, ben scritto e soprattutto fa domande e ti impegna quindi a cercare risposte.
RispondiEliminaE' facile dire di essere esperti di comunicazione e poi oggi "l'esperto di comunicazione" é trendy. Ne trovi ovunque di "esperti" di comunicazione sia sul web, sia nella vita reale...ma sono veri esperti? Complimenti a chi segue i corsi e sa leggere il linguaggio del corpo, io per esempio ancora non sono così abile da "ricalcare" un'altra persona, ma é questo che serve? Il linguaggio del corpo é importante lo sappiamo in molti, ma "ricalcare" senza ascoltare veramente l'altro penso che possa davvero infastidire. Se tutti questi "esperti di comunicazione" o per meglio dire "finti esperti" iniziassero ad usare un atteggiamento empatico verso l'altro, già sarebbero sulla buona strada. Frequentare corsi di comunicazione non è sufficiente per dirsi arrivati, per dirsi esperti e lanciarsi come professionisti del settore comunicazione. Ok formarsi, informarsi sulla comunicazione, ma poi c'é da fare un lavoro su noi stessi che é la parte più impegnativa e costruttiva...non si può pensare di applicare certe conoscenze sugli altri senza averle fatte nostre, senza un'analisi profonda di noi stessi ed un eventuale cambiamento dei nostri atteggiamenti sbagliati. Per me la comunicazione parte da qui...Ciao! Giorgia
Ciao Stefano, Sono Stefano:-)
RispondiEliminaSei una strana ed interessante persona. Vedo che trovi interesse anche da esperienze che non hai trovato positive. E non è facile.
Che dire degli esperti di comunicazione che tu citi, su e tra le righe?
Forse quello che - credo con difficoltà ad essere capito - ho più volte detto in quella serata: è cambiato il mondo.
Mi spiego meglio. Un tempo comunicatori appartenevano, per sommi capi, a due categorie: i pubblicitari ed i PR. E in qualche modo, sia per ristrettezza del mondo che avevano come platea sia per l'esiguità de media disponibili, riuscivano a fare il loro lavoro, a volte anche con reale successo.
Poi tutto è precipitato.
il "piccolo mondo" è diventato globale, i "pezzi di carta" universitari non si sono più negati a nessuno, il web ha consentito ad ognuno di sentirsi "padrone del mondo". E tutti noi "poveri ricchi postmoderni" non ci siamo accorti di essere diventati solo poveri, di spirito soprattutto.
In altri tempi ognuno, con soddisfazione morale ed economica, sapeva fare un lavoro. Oggi, con ansia e insoddisfazione, non sappiamo più fare nulla.
Ecco allora che - come dice Giorgia - ci ammantiamo di termini trendy. E lo si fa pensando di saper "comunicare" solo perchè si è magari dei buoni tecnici informatici, perche si sa sparare - o spesso semplicemente clonare - un messaggio su Twitter o su Fb, Perchè si conosce l'Html o perchè si sa manipolare uno script java. Ma questo non è Comunicare, è semplicemente Trasmettere. Quello che facevano un tempo i Tipografi. Con molta più umiltà.
Eì un mondo in divenire, questa è la consolazione. Forse domani, magari, sarà migliore del passato. Chissà se lo vedrò.
Negli anni '80 una rivista italiana che si occupava di Advertising fece una scherzosa ricerca sul titolo di studio dei maggiori Pubblicitari dell'epoca. Sai che emerse? che oltre il 50% erano - come da media della popolazione - Ragionieri ma che il rimanente proveniva da studi umanistici. E questo la dice lunga sul clima culturale di quegli anni.
Tu continua ad essere curioso ed inquieto. E' la via per una buona vita. Come disse Steve Jobs - che prima ancora che essere un informatico è un pensatore - “Stay Hungry. Stay Foolish”! Non te ne pentirai!
A presto, Stefano
Per comunicare meglio con gli altri bisogna prima imparare a comunicare meglio con se stessi, delle persone che hai citato ben tre si lamentavano di qualcosa, se invece di lamentarsi iniziassero a porsi le giuste domande comincerebbero ad essere più produttivi in molti ambiti della loro vita.
RispondiEliminaP.S. cmq hai imparato qualcosa anche da quella giornata, hai imparato come non si comunica con gli altri!
Ehi che risposte interessanti! Lo sapevo che avrei fatto bene ad aprire questo blog!
RispondiEliminaInfatti, ora voglio fare una domanda a Stefano in particolare.
Dunque, Stefano, entrambi siamo sicuri che il mondo sia cambiato e partendo da questo, arriviamo a conclusioni del tutto opposte.
Io trovo nelle persone intorno a me entusiasmo, passione, curiosità, voglia di fare, intraprendenza...
...e mi chiedo: come riesci tu a vederci tanto impoveriti e incapaci?
scusami per l'assenza ma avevo dimenticato il nome del blog:-)
RispondiEliminaTi do subito una non risposta.
O meglio, una risposta personale e non oggettiva.
Credo di aver espresso il parere - che per altro, ripeto non ti rappresenta - di una persona che come me ha vissuto altre epoche. Non è importante quali siano state è importante che fossero quelle dei miei trent'anni.
Forse anche tu, un giorno, penserai che le tue siano state migliori. E' una pura questione biologica.
E prima ancora che dei pensanti - anzi dei parlanti, come diceva Lacan - siamo degli ammassi organizzati di cellule.
Un giorno ero con Tiziana in un orribile quartiere di Verona e mi chiedevo, memore del fatto che i figli di alcuni nostri vicini volevano scendere dalle colline di Parona per andare a vivere li sostenendo che il luogo era più vicino alla citta "ma come è possibile vivere qui?". Un istante dopo mi davo, da solo la risposta " se hai vent'anni e se i tuoi amici vivono li, quello è il posto più bello al mondo"